Prima dell’entrata in vigore dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, ogni decisione in materia di rilascio o revoca di un permesso di soggiorno iniziava più o meno con questa frase: “in materia di permessi accordati a stranieri, la Legge conferisce all’autorità amministrativa un ampio margine di apprezzamento, censurabile soltanto quando la stessa sconfina con la propria decisione in un eccesso o in un abuso di potere.”
Dato che il rilascio o la revoca di un permesso erano lasciati al potere discrezionale dei funzionari preposti, le decisioni erano difficilmente prevedibili, come peraltro succede ancora oggi per le persone provenienti da paesi terzi. Come ha scritto Stefan Manser Egli in un recente contributo apparso su humanrights.ch, il rischio di essere espulsi dal Paese in qualsiasi momento era un’esperienza di vita costante per stranieri e straniere in Svizzera. Le vicissitudini della vita, un incidente, la perdita del lavoro, difficoltà economiche, una separazione o un decesso in famiglia potevano mettere in discussione un’intera esistenza facendo perdere patria (luogo di vita), affetti, abitudini. Molti bambini si trovavano in Svizzera illegalmente perché i loro genitori non erano stati autorizzati a portarli con loro. Almeno per i cittadini appartenenti all’UE e all’AELS, la libera circolazione delle persone ha permesso di creare uno spazio di maggiore sicurezza e di sviluppo personale, garantendo loro – e a noi che traslochiamo in un altro paese europeo – il diritto alla vita privata, alla vita familiare, alla libertà di domicilio ed economica.
Invito quindi a votare no all’iniziativa Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione) perché non credo che “gli stranieri”, gli esseri umani e quindi anch’io, siano semplicemente merce da far arrivare secondo i bisogni dell’economia e da scartare quando non serve più.
Articolo di Rosemarie Weibel, pubblicato su LaRegione in data 17.09.2020