L’OPINIONE Gina La Mantia e Tatiana Lurati Grassi*

Il 13 giugno è arrivata la risposta del Consiglio di Stato sulla nostra interrogazione «È migliorata la parità salariale all’interno dell’Amministrazione cantonale?», co-firmata da ben 19 deputate e deputati da diverse aree politiche, e presentata in occasione dell’otto marzo, giornata internazionale della lotta femminile. Ebbene, leggendo la risposta, una cosa salta subito all’occhio: se da una parte il Parlamento sembra essere abbastanza sensibile al problema annoso della disparità salariale tra uomo e donna, il Governo, purtroppo, lo è molto meno e relega la questione in secondo o terzo piano delle sue priorità: infatti, non a caso definisce l’otto marzo la «festa della donna». Come interpretare diversamente la risposta alla domanda «Quali ulteriori misure intende portare avanti il Consiglio di Stato per incoraggiare il rispetto della parità salariale tra gli enti parastatali?», nella quale si accenna alla «Carta per la Parità Salariale» firmata dall’allora presidente del Governo Manuele Bertoli nel mese di settembre del 2016, dichiarando candidamente che ora si sarebbe «in attesa di formare un gruppo di lavoro per definire quali misure intraprendere nel settore pubblico e tra gli enti parastatali per promuovere il rispetto della parità salariale e monitorarne l’andamento.» A quasi due anni dalla firma della Carta, ancora attendiamo la formazione del gruppo di lavoro? E quindi, visto che questo è l’andazzo, non sorprende neanche la risposta alla domanda precedente, che riguarda l’accesso alla carriera per le donne: dalla tabella inserita si evince che da un misero 7,5% di rappresentanza femminile tra i funzionari dirigenti nel 2005 siamo passati a un leggermente meno misero, ma comunque insufficiente 17,8% nel 2017. 12 anni, quindi, per aumentare la quota femminile del 10%. Se continuiamo di questo passo, per raggiungere la parità nell’ambito dell’accesso alla carriera occorreranno ancora 36 anni! Ma le giovani donne sono preparate e pronte ora, e presentano le carte in regola almeno tanto quanto i loro colleghi maschi per accedere a dei posti dirigenziali: in Ticino, il 51,7% delle ragazze sceglie dopo la scuola media di frequentare una scuola media superiore, c’è una maggioranza femminile tra chi ottiene una maturità liceale o professionale, e anche agli studi le ragazze guadagno velocemente terreno. Esse sono, peraltro, non solo in forte maggioranza nelle scienze umane e sociali, nella cultura, nelle lingue e nella letteratura, ma hanno superato numericamente i loro colleghi maschi anche in diritto e medicina, pur sé in maniera meno marcata. È importante rompere il soffitto di cristallo che impedisce alle donne di sfruttare pienamente le loro competenze e dare alla società il loro contributo professionale. Lo dobbiamo fare adeguando le strutture lavorative per i posti dirigenziali alle loro esigenze, ches ono le esigenze di chi ha famiglia e se ne vuole occupare: congedi maternità e paternità, orari di lavoro flessibili, strutture di accoglienza per bambini piccoli, tempi parziali e job sharing sono solo alcuni esempi per favorire l’accesso femminile alla carriera. Noi ci aspettiamo che il Governo ingrani finalmente la marcia per garantire, come lo indica la nostra Costituzione federale, all’interno dell’Amministrazione cantonale delle condizioni salariali paritarie e un’equa rappresentanza nei posti dirigenziali.

* deputate del PS in Gran Consiglio

Apparso sul Corriere del Ticino del 3 luglio 2018

Accesso diretto all’interrogazione 32.18 e relativa risposta: ti.ch/poteri/gc