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Sono Gulsum Demirci, tutti mi chiamano Demi per facilità. Il mio nome tradisce la mia origine. In effetti sono d’ordine turca, però ho la nazionalità svizzera da quasi 20 anni.
Sono qui perché la mia sensibilità e attenzione alle ingiustizie, discriminazioni mi accompagnano da parecchio tempo. Forse perché ho dovuto diventare grande solo con la mamma, i fratelli e la sorella senza papà.
Mio padre lavorava in Svizzera e non l’ho visto per lunghi 5 anni. Per me questa è stata una lunga ingiustizia. Più diventavo grande, più cercavo contesti e relazioni sensibili ad eliminare le ingiustizie. La sinistra si batte per un mondo diverso dove le persone sono rispettate nelle loro esigenze e dove si combattono per la parità.
Per questo faccio parte del POP. Come donna però credo che sia importante avere degli obbiettivi comuni ad altre donne che parlano lo stesso linguaggio, questo spiega la mi presenza al comitato del coordinamento donne della sinistra.
Ma torno a parlare delle donne migranti.. non è facile esprimere in poche parole cosa vuol dire avere gli affetti e relazioni in due mondi lontani. Comunque qui è dove vivo, lavoro e ho la mia famiglia.
Questi due mondi rendono l’integrazione un po’ difficile. Per me non è stato facile: sono arrivata in Svizzera che ero adolescente, aver frequentato le scuole mi ha aiutato come pure l’acquisizione e la formazio professionale.
Ma chi arriva da adulta in un altro mondo  è disorientata, anzi una mia amica mi ha detto che si sente una nullità. È arrivata da poco, nonostante sia medico. Non riesce a comunicare (deve imparare la lingua), non può lavorare, soprattutto viene azzerato il suo certificato come medico dietista.
Per me è semplice capire e partecipare allo sciopero. Per lei un po’ meno. Per le altre donne migranti o no potrebbe essere l’occasione di sentirsi maggiormente integrata.
Per me non ci sono differenze fra donne svizzere e altre donne, la parità salariale, le violenze, gli abusi, il mobbing non guardano il passaporto.
Tutte le donne possono diventare vittime.
Tanto per fare un esempio, la disparità salariale è una realtà che tocca a tutte.
Ho tradotto il manifesto dello sciopero con i suoi 19 punti. Ho presentato alle donne e agli uomini del mio gruppo del centro kulturale Aleviti. Prima di discutere ho fatto questa domanda: abbiamo buoni motivi per scioperare? La reazione è stata positiva. Un coro di SI!
Però non so quante delle donne aderiranno allo sciopero nelle sue moltiplice forme.
Sono però del parere che questo sciopero, oltre che far riflettere sulla propria condizione, non farà sentire solo molte donne.
Sapere che c’è un movimento di donne che rivendica diritti per tutte aiuta a riflettere e forse a diventare che un po’ femminista.
Non bisogna condannare le donne migranti che non aderiscono allo sciopero, forse perché hanno paura di perdere il posto di lavoro o espulse dalla Svizzere.
Viva lo sciopero che ci unisce e che fa sentire la nostra voce di donne che raggiunge anche le donne del mio gruppo.

di Güslüm Demirci (Demi)

Intervento alla tavola rotonda della Festa multietnica di Lugano, 23 marzo 2019

Qualche immagine della festa