di Gina La Mantia, segretaria centrale delle Donne* socialiste svizzere
La Svizzera mantiene un primato poco lusinghiero: una densità di armi molto alta, come in quasi nessun altro Paese europeo, ed è un fatto che la probabilità di suicidi e di uccisioni per violenza domestica aumenta nettamente nelle economie domestiche dove si trovano delle armi. Per questo motivo nel 1998 fu elaborata dal Consiglio federale e dal Parlamento la prima legge federale sulle armi che entrò in vigore il 1 gennaio del 1999. Grazie a questa legge, e grazie agli successivi inasprimenti, il numero di suicidi e uccisioni commessi con un’arma da fuoco si è più che dimezzato: da 460 casi all’anno si è passati a circa 200. Un successo impressionante, del quale purtroppo la lobby delle armi non tiene minimamente conto. Essa, infatti, continua imperterrito nel tentativo di siluramento di ogni ulteriore passo della Confederazione per frenare l’abuso di armi.
Vivere senza violenza è un diritto umano, non un privilegio. Un diritto che troppe persone si vedono calpestato, spesso all’interno delle proprie mura domestiche. Nel 2016, 19 persone sono morte in Svizzera a causa di atti di violenza domestica, di cui 18 donne. Significa che ogni tre settimane una donna muore, uccisa dal proprio partner o da altri famigliari. Nel 37 per cento dei casi l’uccisione avviene con un arma da fuoco. “Io non posso sapere quando torna con il fucile” è una frase che chi lavora nell’ambito della consulenza alle vittime di violenza domestica conosce. E anche l’Ufficio federale per la parità fra i sessi conferma: in Svizzera i “drammi familiari” con esito letale commesse con un’arma da fuoco sono “molto frequenti” su scala internazionale.
Le conseguenze psicologiche della violenza domestica sono devastanti. La minaccia costante di un’arma in casa può traumatizzare donne e bambini, e lo stesso vale anche per le minacce di suicidio. La statistica dei suicidi è altrettanto chiara: sono soprattutto gli uomini che si tolgono la vita con un’arma da fuoco, e spesso sono degli atti spontanei di disperazione. Vengono commessi proprio perché l’arma è a disposizione. Indietro restano donne e bambini. Ed è per questi motivi che noi, Donne* socialiste svizzere, siamo dell’avviso che la presenza di armi da fuoco nelle case deve essere ulteriormente ridotta.
L’adeguamento della legge sulle armi, in votazione il 19 maggio, in fondo non è sufficiente. Di positivo c’è che la nuova legge prevede di contrassegnare e registrare ogni parte essenziale delle armi da fuoco. Inoltre, per ottenere un’arma semi-automatica sarà necessario un permesso eccezionale, che però verrà dato a chi fa parte di una società di tiro sportivo. Non si prevedono dei test psicologici obbligatori per l’acquisto di armi, e il fucile d’assalto potrà essere portato a casa alla fine dell’obbligo militare come adesso, senza ulteriori restrizioni. Sorprende perciò la levata di scudi dei fanatici delle armi e delle cerchie della destra conservatrice, che combattono la nuova legge con degli argomenti di cui molti non hanno né capo né coda.
Purtroppo sembra che i contrari a questo piccolissimo passo nella direzione di una maggior sicurezza abbiano successo. I sondaggi sono piuttosto tirati, e in Ticino potrebbe passare il no. Un rifiuto sarebbe un brutto segnale. Non solo verrebbe messo in forse la nostra partecipazione allo spazio Schengen, ma verrebbe anche impedito per anni la possibilità di fare ulteriori adeguamenti della legge sulle armi per meglio proteggere la popolazione svizzera, e in particolare per meglio arginare e prevenire il fenomeno della violenza domestica. Noi Donne* socialiste svizzere siamo convinte dell’importanza di una moderna legge sulle armi. L’equazione è chiara e inconfutabile: meno armi, meno violenza. Sì alla legge sulle armi!