Il fenomeno delle molestie sessiste in politica è molto vasto e ha forme differenti, come pure effetti diversi dal punto di vista giuridico, e comunque in nessun caso accettabile. Banalizzare la battuta che fa riferimento al corpo, ai vestiti, a un modo di essere è già una totale mancanza di rispetto.
Ma l’altra sera all’incontro Fare politica, un mestiere a rischio per le donne? abbiamo sentito tutta la drammaticità del fenomeno, tutta la sofferenza di donne che sono state bersaglio, ma che non accettano che la paura tolga loro la parola pubblica.
Una serata che non può essere raccontata, ma solo evocata con alcune riflessioni, per rispetto delle persone che hanno testimoniato, ma anche per lo sconcerto e la rabbia che ha provato chi era presente.
Insulti sessisti, minacce di morte e di stupro, controllo costante sugli spostamenti, sono solo alcune delle forme utilizzate dagli odiatori nei social, che amplificano con lettere anonime e l’uso di ogni mezzo di contatto.
Cosa vogliono? Togliere la parola alle donne, specie se la loro origine è straniera, e se si occupano di accoglienza, se sono autonome e indipendenti, se rappresentano un potere che può minacciare un sistema patriarcale.
Lettere anonime e minacce ci sono sempre stati, ma la rete ha aperto uno spazio in cui gli odiatori vomitano senza alcun freno inibitorio il peggio delle fantasie di stupro e minacce di ogni genere, sentendosi protetti dalla distanza che il mezzo produce.
Come diceva bene Natalia Ferrara, per chi è in rete l’odio è virtuale, per chi lo riceve è reale e ha un effetto nella vita quotidiana. In effetti non si riesce a credere che in Svizzera alcune parlamentari siano sotto protezione della polizia.
Come ha affermato Tamara Funiciello, non è questione di debolezza di carattere, sensibilità o altro (anche se per ognuno il livello di tolleranza può essere differente), ma di inaccettabili attacchi alla persona, al diritto di ogni essere umano di esprimersi e di occupare lo spazio pubblico.
Françoise Gehring ci ricorda come le donne, seguite nella triste classifica dell’hate speech dagli stranieri, siano le categorie più colpite.
Qualche informazione
Ma perché le donne? Come ha continuato Francoise è un tentativo di zittirle e rimetterle al loro posto, un tentativo di annullare i loro diritti. Gli haters, leoni di tastiera che si sentono autorizzati e impuniti sono un branco di uomini e donne che incitano all’odio, talvolta sostenuti da un certo tipo di politica.
Proprio Elly Schlein, eurodeputata in collegamento video, ha ricordato come sia necessario promuovere politiche economiche e sociali affinché le donne siano presenti e rappresentate negli spazi pubblici. Ricordando come in Europa ad oggi siano stati contenuti tutti i tentativi di riportare indietro le lancette della storia, ad esempio creando una rete di sostegno delle donne polacche contro il tentativo di penalizzare l’interruzione di gravidanza.
A livello federale lo sportello di denuncia creato nel Parlamento dopo i gravi casi di molestie a un anno di attività non ha ricevuto alcuna segnalazione, Marina Carobbio ribadisce come il fatto di averne parlato ha avuto un certo effetto dissuasivo. Ma è necessario continuare e trovare strumenti per combattere il fenomeno.
Il collegamento con Diana De Marchi, consigliera comunale PD minacciata in diretta di “essere sgozzata” ha contribuito a comprendere come questi comportamenti siano da ascrivere alla cultura della violenza di genere. Il passaggio all’atto purtroppo non è infrequente e non solo a livello privato. Per questo lei ha deciso di denunciare e di rendere pubbliche le minacce e le forme di incitamento all’odio che subisce
Il problema è cosa fare.
Denunciare! Necessario farlo, ma si constata come non sempre gli strumenti legali siano sufficientemente adatti a combattere il fenomeno.
Da qualche tempo è attiva netzcourage.ch un’associazione che sostiene le persone vittime di vessazioni online, partecipa a dibattiti pubblici e si sta impegnando nell’ambito dell’educazione.
Denunciare pubblicamente! Per farlo è indispensabile poter contare su una rete di sostegno e una struttura adatta, ad esempio nel proprio partito di riferimento.
La serata si è conclusa con la presentazione di Hedi Luck del progetto lanciato da Alliance F stophatespeech.ch per agire con un software di intelligenza artificiale, “addestrato” da una comunità di utenti. Lo scopo è di intercettare e eliminare dalla rete i messaggi tossici.
Video esplicativo di NOUVO RSI
Ricordiamoci però che dietro ai messaggi ci sono persone che inviano odio, e persone che lo ricevono come un schiaffo reale.
Siamo tutti e tutte noi che non dobbiamo mai accettare un linguaggio d’odio. I dibattiti politici possono essere aspri, dai toni accesi, anche difficili, ma smettono di essere tali quando sessismo e odio ne invadono lo spazio, rendendo il dibattito tossico. Il dissenso si deve esprimere, ma non è accettabile la mancanza di rispetto.
Chiediamo RISPETTO RISPETTO! Anche per questo scioperiamo
di Pepita Vera Conforti