Discorso al congresso elettorale del PS del 18.11.2018 – Laura Riget
Care compagne, cari compagni
Rispetto. Ecco cosa chiede Aretha Franklin nella sua famosa canzone, diventata un vero e proprio inno dei movimenti femministi afroamericani alla fine degli anni sessanta. Rispetto come donna per tutto il lavoro che fa, considerato inferiore rispetto al lavoro salariato degli uomini. Rispetto come persona di origini afroamericane, considerata cittadina di serie B. Richiesta di rispetto che si può allargare all’intera società mondiale.
Anche cinquant’anni dopo la lotta contro le discriminazioni resta attuale. Bolsonaro, Trump, Erdogan, Salvini, Orban. Sono tempi in cui vengono costruiti muri, mentali e fisici, per dividere le persone. Valori di base che dovrebbero appartenere a qualsiasi società vengono messi in dubbio: l’uguaglianza tra le persone, la solidarietà, la democrazia e il rispetto delle minoranze.
La storia ci insegna che ci sono sempre state persone o movimenti che lottano contro questi valori, che fondano il loro potere sulle divisioni e sulla paura. Quello che mi spaventa è che questi movimenti sono ormai istituzionalizzati: non solo come partiti di maggioranza, ma addirittura con la presidenza di Stati importanti come l’America, il Brasile, la Turchia. Anche qui, in Europa.
Essere parte integrante delle istituzioni non ha però portato a una moderazione della loro ideologia e la loro politica del “noi contro di loro” continua. Il loro successo si basa sulla creazione di nemici e capri espiatori: chi ha il colore della pelle, un passaporto, una religione, un orientamento sessuale o perfino un’opinione diversa è il nemico. Dividendo le persone in “noi” e “loro”, “amici” e “nemici”, questi autocrati guadagnano potere, politico ed economico. Invece di concentrarsi su un sistema economico malato, in cui pochi sono estremamenti ricchi mentre la maggioranza della popolazione mondiale vive in miseria, si distoglie l’attenzione concentrandosi sul migrante che ti ruba il lavoro e che mette a rischio le tue tradizioni.
Questa ondata di xenofobia anti-democratica si diffonde anche qui da noi. Pensiamo alla votazione di domenica prossima, che vuole abolire la Convenzione europea dei diritti umani. Pensiamo al poliziotto che inneggia al nazismo e viene comunque promosso a sergente. Pensiamo al paziente con l’AIDS morto a Coira perché l’ospedale si rifiuta di curarlo perché non pagava la cassa malati. Oppure ancora alla mamma con due bambini piccoli, espulsi dal nostro Cantone in mezzo alla notte. O all’esempio recentissimo del Consigliere Comunale che fa battute razziste, così come la Consigliera nazionale e i chierichetti.
Quanto a noi, dobbiamo certamente combattere le singole proposte della maggioranza borghese, ma soprattutto dobbiamo essere un’alternativa a livello di valori. Uguaglianza, libertà e solidarietà: questo è il nostro impegno politico; questi sono i valori che ci definiscono come partito e sui quali non dobbiamo in alcun caso scendere a compromessi.
Esattamente cento anni fa si teneva lo sciopero generale, orientato proprio a questi valori: 250’000 persone hanno incrociato le braccie per lottare per partecipazione politica e sicurezza sociale – ottenendo risultati concreti. La storia insegna che il progresso sociale è la conseguenza della mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici: la maggioranza borghese non ci ha mai regalato niente! Quando hanno approvato singole rivendicazioni progressiste, lo hanno fatto unicamente perché sentivano la pressione sociale.
L’unione tra valori e rivendicazioni concrete, tra mobilitazione sul territorio e lavoro nelle istituzioni; questo è il binomio vincente. Il messaggio principale che vorrei portare avanti nei prossimi mesi è quello delle pari opportunità: pari opportunità tra le donne e gli uomini, certamente, ma anche tra i ricchi e chi invece fa fatica, tra chi ha il passaporto svizzero e chi non ce l’ha.
“Tutti sono uguali davanti alla legge.”, così dice la nostra Costituzione nei suoi primi articoli. È giunto il momento di trasformare questa uguaglianza in realtà! Bisogna sanzionare le imprese che pagano meno le proprie impiegate; bisogna garantire un’esistenza dignitosa a tutti e tutte; bisogna difendere l’accessibilità agli studi per chi ha disponibilità finanziarie limitate, bisogna regolamentare gli stage, bisogna punire ogni forma di discriminazione.
Il bisogno di una politica progressista è più attuale che mai. Dobbiamo credere e lottare con tutte le nostre forze per un Ticino, una Svizzera e un mondo migliori, in cui al centro ci siano le persone con i loro bisogni. Ci attendono mesi duri, con il nostro seggio in Consiglio di Stato e la nostra presenza in Parlamento sotto attacco, ma uniti possiamo farcela. Io ci credo, spero che anche voi ci crediate. Grazie.