Con la manovra di risanamento delle finanze cantonali votata dalla maggioranza del Gran Consiglio è stata introdotta la base legale per poter chiedere un contributo a chi usufruisce dei servizi di assistenza e cura a domicilio. Su questo tema si voterà il 12 febbraio per decidere se accettare o meno la decisione parlamentare.
L’introduzione di questo principio, anche se sospeso per i prossimi due anni, rischia di indebolire ulteriormente il servizio pubblico e di penalizzare soprattutto le persone anziane e i loro famigliari che necessitano dei servizi di assistenza e cura a domicilio.
La proposta di questo nuovo contributo o tassa a carico dell’utente era stata già oggetto di discussione in due occasioni in Gran Consiglio ed era stata bocciata con argomentazioni che restano tutt’ora valide.
Da anni nel nostro Cantone si sta lavorando per favorire la permanenza a domicilio delle persone anziane e ammalate, il nuovo contributo richiesto è in palese contraddizione con l’obiettivo di favorire il mantenimento a domicilio. Con questa mossa poi si corre anche il rischio di generare ricadute negative sulla politica sanitaria cantonale. Una delle strategie pubbliche è stata infatti quella di ridurre il numero di giorni di ospedalizzazione, notoriamente più costosi in termini generali, incentivando il rientro a casa il più velocemente possibile. Questo è possibile solo con un efficace Servizio di cura e assistenza a domicilio. Il fatto però di dover pagare parte dei costi derivanti da questo servizio potrebbe indurre a richiedere una permanenza più lunga negli ospedali o un ricovero in una struttura stazionaria nel caso di una persona anziana.
Il nuovo contributo rappresenta un onere supplementare per l’utente, non relazionato alla sua capacità finanziaria né al grado di bisogno terapeutico. Inoltre questa misura finirebbe per penalizzare ulteriormente il ceto medio escluso dalle prestazioni complementari, infatti se i beneficiari delle prestazioni complementari (PC) fortunatamente avranno la possibilità di richiedere la copertura di questo contributo alla PC, gli altri utenti che magari per poco non accedono alle prestazioni complementari dovranno completamente farsi carico di questo nuovo contributo.
Con questo nuova misura inoltre si crea un’incombenza amministrativo-burocratica ulteriore con costi procedurali aggiuntivi per decidere quanto l’utente deve pagare, come suddividere i vari costi e verificare i pagamenti, con la conseguenza che si finirà per aumentare i costi amministrativi-burocratici vanificando così gli sforzi di risparmio voluti. A pagarne le conseguenze, una volta ancora, sarebbero i meno abbienti.
Un ulteriore punto delicato di questa proposta riguarda, come ammesso dallo stesso Governo, l’indebolimento del servizio pubblico a favore di quelli commerciali. Questa misura infatti va a colpire solo gli enti pubblici che si ritroverebbero obbligati a richiedere un contributo all’utente mentre i privati possono decidere di non applicare questa decisione con come conseguenza una distorsione del sistema a tutto svantaggio dei servizi pubblici.
In questo senso potrebbero essere penalizzati anche i cittadini delle valli dove notoriamente i servizi privati non intervengono a causa degli alti costi di spostamento, mentre il servizio pubblico è tenuto a farlo.
Sia dal profilo sociale che da quello del servizio pubblico questa misura risulta ingiusta e rischia piuttosto di avere degli effetti indesiderati, aumento dei costi sanitari, aumento dei costi amministrativi e va a scapito del cittadino-utente chiamato a contribuire e a scapito del servizio pubblico.
Pelin Kandemir Bordoli
deputata PS in Gran Consiglio