“Perché io valgo…” così chiudeva la pubblicità di una nota marca di cosmetici, uno slogan che riprendeva istanze femministe quando ribadivano il valore individuale e collettivo del lavoro, specialmente quello di cura e domestico dato sempre per scontato e “naturalmente” ad appannaggio delle donne. Tutto questo per vendere un prodotto che standardizza la bellezza femminile in modelli così impossibili da diventare una camicia di forza.
Il mercato sembra avere molta più capacità della politica di appropriarsi dei nuovi modelli a cui aspirano le donne e alcune aziende hanno capito che chi spende per gli acquisti quotidiani sono donne. Oggi con sempre più appeal vende i propri prodotti usando linguaggi fuori dagli schemi tradizionali. I’m femminist diventa la maglietta di un brand di lusso, ragazze ribelli e forti portano vestiti griffati, anche i mobili si adattano a differenti realtà di convivenza familiare, gli uomini si occupano di casa, mentre le donne calciano con potenza palloni per vendere smartphone.
Certo che poter utilizzare un assorbente interno nella pratica dello sport é molto più comodo rispetto agli stracci da lavare alla fontana che usava mia nonna, su questo non ci sono dubbi. Una realtà delle piccole cose, dei gesti quotidiani che cambia. Positivo? Ovvio perché uscire da stereotipi é importante, e le pubblicità in cui siamo immersi quasi inconsapevolmente veicolano mondi desiderabili che alimentano e plasmano le nostre realtà quotidiane. É però indispensabile non dimenticare che la strategia pubblicitaria ha pur sempre lo scopo di vendere merci, non libertà e in diverse delle aziende che ne mercificano il significato, le donne lavoratrici non beneficiano certo delle autonomie e libertà contrabbandate nelle pubblicità. Basti ricordare i 1129 morti e più di 2500 feriti di Rana Plaza in Bangladesh del 2013 che ha mostrato la faccia crudele della moda: condizioni miserabili dove lavorano in maggior parte donne.
La libertà femminile é lavoro di consapevolezza e autodeterminazione che ogni femminismo ha riaffermato quale valore politico e economico di genere, libertà non barattabile per un brand.
A tutte le aziende chiediamo trasparenza per verificare l’effettivo rispetto della parità salariale, dei diritti umani e del lavoro in qualunque fase produttiva, ovunque essa avvenga nel mondo. Questa é condizione di libertà!
Pepita Vera Conforti
Copresidente Coordinamento donne della sinistra
apparso su LaRegione Ticino il 6 novembre 2018